giovedì 17 giugno 2010

E il documentario si prese la rivincita

Scritto per Billy

Non so se avete presente quei mega extra luccicanti multiplex dove per ogni sala cinematografica c'è un'attività collaterale. Bowling, sala giochi, scommesse, pizzeria. Non so se avete presente la soddisfazione di vedere che la sala d'essai dell'edificio, dove proiettano “Focaccia blues”, è completamente piena mentre in quella di fianco, dove proiettano “Iron man 2”, due terzi dei posti sono liberi. Si capisce a vista d'occhio: la rassegna “Il cinema della realtà”, al Cinemacity di Ravenna, è riuscita nel suo intento: sancire l'unione tra il documentario d'autore ed il suo “ritrovato” pubblico.

Come ci spiega l'organizzatore Fabrizio Varesco, documentarista ravennate, “Questa settima edizione è stata una svolta, vista la grande partecipazione di spettatori (un migliaio per tutte le 13 proiezioni, nda). Tutte le serate delle 20.30 hanno fatto il pieno, mentre ovviamente quelle delle 18 sono state più penalizzate per via dell'orario sfavorevole”.

Ma il 2010 è stato l'anno della svolta anche per via della presenza di tanti documentari nostrani: “All'inizio proiettavamo per lo più produzioni straniere, proprio perché gli italiani faticavano ad imporsi sul piano della qualità. Ho visto la situazione migliorare col passare del tempo, e oggi i film di Cirasola, Montaldo e tutti gli altri, con il loro successo di critica e pubblico, sono una grande soddisfazione”.

Ma il successo di una rassegna del genere nella piccola sala d'essai, mentre il colosso Blockbuster sta fallendo e il box office italiano segnala un costante calo delle presenze, non è sintomatico del fatto che le persone ricercano prodotti sempre più interessanti e di qualità, come, appunto, i documentari? "Certo, noi ce ne siamo ben accorti e credo che piano piano se ne stia accorgendo anche chi gestisce la distribuzione e si arroga la pretesa di definire i gusti dei fruitori. In un tempo in cui la fiction sta debordando e diventando qualche cosa di insopportabile, il documentario d'autore che parla della realtà offrendo spunti di riflessione è sempre più importante. Non a caso agli ultimi Oscar sono andate sei statuette a 'The Hurt Locker' della Bigelow, film con un taglio nettamente documentaristico: c'è l'esigenza, anche da parte di chi fa fiction, di trovare spazi nuovi nella realtà”.

L'ex cinema Lux

by Paco Garroyo per Billy

L'altra mattina passeggiavo per Rio Claro diretto al bar (la mia iguana domestica, Bigelow, aveva aperto il frigo e si era pappata tutti i miei yogurt agli agrumi lasciandomi senza colazione) quando, passando davanti all'ospizio, notai un signore anziano con tanto di bastone che con aria alquanto malinconica rimirava l'edificio.
Lo salutai educatamente, e siccome sono uno che non riesce a farsi i cavoli propri, gli chiesi se andava tutto bene. Sì illuminò, come si illuminano gli anziani che ti stanno per attaccare una pezza mostruosa. Mi chiese se conoscevo la storia del cinema Lux, ora ospizio Santa Barbara. Risposi incautamente di no. Sorrise, mi immobilizzò col suo tenero sguardo magnetico da nonno, e cominciò a narrare.

“Vede, giovine, deve sapere che il cinema Lux venne aperto negli anni '40. Era un piccolo cinema di paese, buio e pregno di fumo di sigarette, ma a Tobago in quegli anni non c'era mica un gran ché da fare, neanche adesso a dire il vero, ma beh insomma il cinema era sempre pieno. E che film proiettavano: Casablanca, Il mistero del falco, Via col vento. Chaplin a manetta. D'altronde chi se ne frega, al cinema si guardavano le ragazzine spettatrici, mica si badava ai films. Ma poi le ragazzine hanno smesso di interessarsi a Bogart e hanno cominciato a voler ballare. Così il Lux è diventato una sala da ballo: la sala da ballo del circolo dei Repubblicani. Negli anni '50 questo posto ha visto i dischi di Elvis e Little Richard, ci si scatenava con Be Bop A Lula, Rock round the clock, giovinotto mio. Ma diciamocelo, quello dei Repubblicani di Tobago è sempre stato un partito un po' campato in aria: negli anni '60 il Lux ha pochi clienti e chiude. Riaprirà per iniziativa di un privato nel '70, sempre come cinema: ci ho visto trenta volte Giù la testa e Arancia Meccanica, io, qui dentro. Mica la merdaglia che guardate voi giovini. Poi in provincia hanno aperto i multicosi, lì, quelli con tante sale e il bovling. Per il Lux, dalla metà degli anni '80 in avanti, è stata una lenta agonia. Nel '95 tentarono il cambio di programmazione, trasformando il nome da Lux in Luxuria – sull'insegna l'aggiunta la fecero col pennarello – e facendone un cinema a luci rosse ambita meta per tutti i pervertiti di Rio Claro. Che comunque erano troppo pochi per farci affari. I sold out di Nella porca fattoria e Il senso di Smilla per la fava non fecero il miracolo: nel '99 il Lux chiude. Comprato dalle suore, sterilizzato e benedetto, voilà l'ospizio Santa Barbara. Venga con me, giovine, andiamo a sbronzarci”.