mercoledì 31 marzo 2010

Tre allegri ragazzi al Bronson

Tre allegri ragazzi morti
Bronson (Ravenna), 27/03/2010
12 €I “Tre allegri ragazzi morti” (per la verità tre ragazzi più un chitarrista turnista vestito da topo bianco) hanno deciso di fare rrreggae. I testi di Toffolo con la musica di Bob Marley. E già questo è bastato a un mio amico per uscire dal locale (abbastanza pieno) a metà concerto. Non solo, ma da quel che dice più volte il frontman con un italiano misto allo spagnolo, pensano di essere la più grande reggae band del globo (“NOI abbiamo portato in questo strano Paese a forma di stivale il rock'n'roll, e ora NOI importiamo il reggae da una piccola isola dell'oceano Atlantico chiamata Jamaica”).

Io ho resistito nonostante i numerosi attacchi alla mia pazienza: volevo sentirli suonare qualche hit indie di quando avevo 15 anni, dannazione, e alla fine non mi hanno deluso (alla fine).

Lati positivi: i suoni (ottimi considerando il Bronson), le gag d'avanspettacolo (come da lui stesso ammesso) di Toffolo, le quasi due ore di concerto, il tris, tanta gente con le mascherine/teschio, la pubblicità fatta dal Toffolo alla graphic novel di Reviati (“Come, non sapevate che voi ravennati siete chiamati 'Morti di sonno'? Allora domani tutti in libreria”).

Nonostante l'invadente e muscoloso egocentrismo, un applauso al Toffolo per non avere mandato platealmente a cagare i tecnici per i numerosi problemi alle sue spie. Più volte si è tappato le orecchie, ha spostato il microfono e ha continuato il suo show, con l'umiltà che non ti aspetti.

domenica 21 marzo 2010

Erano un milione, ma hanno sbagliato piazza

La manifestazione di Roma pro Berlusconi del 20/03/2010: per il Pdl in piazza un milione di persone, per la questura e qualche giornale filoleninista 150 mila.

Io non mi fido. Io non mi fido di questura, cittadini romani e quotidiani d'informazione che hanno cercato di dimostrare il mezzo flop. Non mi fido perché si sa, l'informazione in Italia è in mano al Commonismo.

Allora sono andato sul sito de “Il Giornale” diretto da Antonio Feltri: uno dei pochi quotidiani liberi e indipendenti che abbiamo nel nostro rosso Paese. Lì c'era la fotogallery della manifestazione.

Foto 4: la testa del corteo: in prima fila Brunetta, Gasparri, la Prestigiacomo ed altri altissimi esponenti Pdl; dietro di loro... 40 persone? 50? Una calca, insomma.

Foto 7: queste ragazze sono presumibilmente sul palco: quelli sotto il palco a occhio e croce sono meno di un milione. A occhio e croce sono meno di mille.

Foto 9: un uomo brandisce un cartello. Foto 10, un altro uomo brandisce un cartello. Ah, scusate, è lo stesso uomo, spostato due metri a sinistra e con un altro cartello.

Foto 16: c'è anche un bandierone italiano gigantesco! Da quante migliaia di persone sarà sostenuto? Scopritelo nella foto 18.

Beh, io non mi fido della comunicazione marxista, ma davanti a queste raccapriccianti immagini, sommate a quelle pubblicate dai romani e impietosi lettori di Repubblica, comincio ad avere dei dubbi sul fatto che ci siano state un milione di persone. Ma anche 150 mila. Magari erano davvero un milione, ma hanno sbagliato indirizzo e sono arrivati tardi.

(Per sicurezza mi sono salvato sul pc le foto in questione. Ripubblicarle è assolutamente illegale, ma nel caso quelli del “Giornale” vogliano dare una ritoccata al servizio, io lo avrò tutto)

lunedì 15 marzo 2010

Hey, chivalà, aaaaalllrrrrgghhh coff coff

Teatro degli orrori
Bronson, 27/02/2010
12 €E' la seconda volta che vedo dal vivo i "Teatro degli orrori", ed è la seconda volta che il mio voto, da uno a dieci, è "mah".

Musicisti ottimi, con Gionata Mirai sempre più somigliante, nel viso e nell'eleganza, a Cristiano Godano dei Marlene Kuntz (gran complimento), con quella bestia di Nicola Manzan che stupra le chitarre con ironia e violenza facendo le corna con le mani al pubblico, con il batterista Francesco Valente cianotico e giallognolo che sembra dover svenire da un momento all'altro e invece pesta con maestria per due ore rompendo il rullante, col bassista (ok, non so chi sia) che, per quel che mi ricordo, non fa minimamente rimpiangere Giulio Favero.

Poi arriva lui, quello nella foto. Il cantante Capovilla si presenta sul palco con un braccio ingessato (brutto presagio), prende il microfono e bofonchia qualcosa, dimostrando A) di non avere voce B) di essere ubriaco/fatto/entrambi. Per la prima mezz'ora di concerto non si comporta neanche malaccio, poi alle urla più o meno intonate si sostituiscono urla strazianti ("Hey, chivalà, aaaaalllrrrrgghhh coff coff"), stecche a go-go e, almeno a me è sembrato, pezzi stonati per quasi tutta la loro durata (epica "Direzioni diverse" fatta un tono-un tono e mezzo sopra rispetto alla base).

Vabè, è appurato che il ruolo di Capovilla è di intrattenitore, più che di cantante, e questo lo fa benissimo: filippiche sul fatto che noi giovani dobbiamo riappropiarci della vita e non guardare la tv, innumerevoli stage diving dove perde il microfono tra la folla, pause di riflessione che gli riescono un po' grottesche.

sabato 13 marzo 2010

Una famiglia un po' psicosemiotica

by Paco Garroyo per Billy

Università di Tortuga, 13 luglio, ore 11. In sottofondo, la voce del professore che blatera.

Le tematiche del corporeo, del passionale, del sensibile e dell'estesia. Il dibattito teorico relativo alle radici corporee ed emotive del senso. La linguistica cognitiva, le arti del dire e dell'oralità. “Sto impazzendo, pensai, questa lezione è un piccolo assaggio dell'Inferno. Uno di questi giorni succede, torno a casa e faccio un casino. Prendo il cane e lo inchiodo alla mamma, prendo il babbo e lo lancio sul vicino. Appicco fuoco al frigorifero e affogo il cactus, finisce che lo faccio”.

Mi incantai, ripensando all'osceno film Willard il Paranoico che avevo visto la sera prima: “Diavolo, è vero. Altro che giardini magici, labirinti e inquietanti manicomi: tutte le grandi storie di follia si sviluppano tra le mura domestiche, o comunque in famiglia. Come ne I pugni in tasca di Bellocchio, dove il giovane Alessandro, folle ed epilettico, innamorato della sorella Giulia, ammazza i parenti per poi fare una morte angosciante. E L'uccello dalle piume di cristallo di Argento, dove moglie e marito insieme non fanno un assassino sano. Nel Grande cocomero della Archibugi la malattia di Pippi è dovuta – et voilà – alla difficile situazione familiare. Oppure Shock di Mario Bava, dove Dora ammazza due mariti poi si taglia la gola, mentre il figlioletto felice parla coi fantasmi. E il caro Norman Bates, che uccide la madre e ne conserva il cadavere nello scantinato? Pensa se arrivo a casa e mio babbo dice hey mi hanno assunto come custode invernale in un grande albergo nel culo del mondo! Col cavolo che vengo, gli rispondo! Ho venticinque anni, sono pressoché indipendente, e in ogni caso non posso più andare sul triciclo, per quanto mi dispiaccia, gli rispondo!”

Lessi il titolo del libro che avevo sotto il naso: Semiosis without Consciousness? An ontogenetic perspective. “E' luglio, a Tobago c'è un sole che spacca, e noi siamo chiusi in questo stanzone dell'università di Tortuga. L'aria puzza di big babol e sudore. Il prof sta tenendo una lezione di 'Psicosemiotica della Paura'. Altro che casa, altro che famiglia: se esiste un Regno dei Tarati, è questo. E se non ammazzo nessuno nei prossimi cinque minuti, sono salvo”.