Scritto per Billy
Non so se avete presente quei mega extra luccicanti multiplex dove per ogni sala cinematografica c'è un'attività collaterale. Bowling, sala giochi, scommesse, pizzeria. Non so se avete presente la soddisfazione di vedere che la sala d'essai dell'edificio, dove proiettano “Focaccia blues”, è completamente piena mentre in quella di fianco, dove proiettano “Iron man 2”, due terzi dei posti sono liberi. Si capisce a vista d'occhio: la rassegna “Il cinema della realtà”, al Cinemacity di Ravenna, è riuscita nel suo intento: sancire l'unione tra il documentario d'autore ed il suo “ritrovato” pubblico.
Come ci spiega l'organizzatore Fabrizio Varesco, documentarista ravennate, “Questa settima edizione è stata una svolta, vista la grande partecipazione di spettatori (un migliaio per tutte le 13 proiezioni, nda). Tutte le serate delle 20.30 hanno fatto il pieno, mentre ovviamente quelle delle 18 sono state più penalizzate per via dell'orario sfavorevole”.
Ma il 2010 è stato l'anno della svolta anche per via della presenza di tanti documentari nostrani: “All'inizio proiettavamo per lo più produzioni straniere, proprio perché gli italiani faticavano ad imporsi sul piano della qualità. Ho visto la situazione migliorare col passare del tempo, e oggi i film di Cirasola, Montaldo e tutti gli altri, con il loro successo di critica e pubblico, sono una grande soddisfazione”.
Ma il successo di una rassegna del genere nella piccola sala d'essai, mentre il colosso Blockbuster sta fallendo e il box office italiano segnala un costante calo delle presenze, non è sintomatico del fatto che le persone ricercano prodotti sempre più interessanti e di qualità, come, appunto, i documentari? "Certo, noi ce ne siamo ben accorti e credo che piano piano se ne stia accorgendo anche chi gestisce la distribuzione e si arroga la pretesa di definire i gusti dei fruitori. In un tempo in cui la fiction sta debordando e diventando qualche cosa di insopportabile, il documentario d'autore che parla della realtà offrendo spunti di riflessione è sempre più importante. Non a caso agli ultimi Oscar sono andate sei statuette a 'The Hurt Locker' della Bigelow, film con un taglio nettamente documentaristico: c'è l'esigenza, anche da parte di chi fa fiction, di trovare spazi nuovi nella realtà”.
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