Hana Bi (Marina di Ravenna), 09/07/2009
Entrata libera
Una melodia elettronica s’insinua tra le dune di Marina. Ha appena finito di piovere, il cielo è plumbeo e l’atmosfera spettrale. L’inquietudine sale quando una figura spunta sul tetto dell’Hana-bi, attirando l’attenzione del numeroso pubblico stipato davanti al palco e sparso sulle dune. Alto circa un metro e settanta, ha due braccia e due gambe, ma non può essere un uomo: peserà più o meno trenta chili. E’ vestito tutto di nero, si muove come un fantasma. La befana? No, la befana è più in carne. Il famoso uomo nero? Macchè, non fa paura neanche alle mosche. Un alieno? Mah, il fisico è quello di ET, ma la testa è troppo piccola, ed è noto a tutti che gli alieni hanno la testa grossa. Un uomo-mantide? Un esperimento venuto male? Capitan Harlock colpito da anoressia?
Si muove. Mette un piede (una zampa?) su una spia posta sul tetto (L’Hana-bi è l’Hana-bi, si mettono le cose dove si può), impugna un microfono e comincia a cantare sulla nenia elettronica. Starà chiamando rinforzi? Il nostro pianeta è in pericolo? Pare di si: arrivano sul palco una serie di esseri nerd-indie-mutanti spaventosi: La corista con gli occhiali da vista più grandi della sua faccia, la corista con il vestitino bianco della prima comunione, il corista con la maglietta della salute rossa, il corista con la berretta in testa, la corista (ma quanti sono?) gnappetta col microfono che non funziona eccetera eccetera (non sono riuscito a contarli tutti, ero troppo impaurito).
Cominciano a cantare tutti ensemble, guidati da un panzone con i capelli alla Hitler che smanetta sul sintetizzatore. Provo a scappare, ma un’orda di fans saltellanti mi blocca. Allora ascolto. Non è male, probabilmente i quindici elettro-folk-happy-hippie si annullano a vicenda lasciando che il marasma provocato dai loro microfoni fischianti si risolva in una serie di canzoncine orecchiabili e ballabili. Sì, sì sì, bello, mi muovo anch’io.
Nel frattempo l’Essere è sceso dal tetto e si è andato ad unire agli altri, formando una massa di corpi sudanti che si agita e lascia intravedere un paio di chitarre e il basso. Ce n’è anche uno seduto per terra, sì, si vedono i capelli ma non si capisce che cacchio faccia la sotto. Occhio a non calpestarlo! Saltano tutti, tra un po’ salta anche il locale. Le dune crollano.
Un trombettista (e questo da dove scappa fuori?) scaraventa a terra il suo strumento, si rivolge al pubblico e gesticola. Un balletto probabilmente. Imita la costruzione di una casa. Tutto il pubblico imita la costruzione di una casa, ridendo e saltellando. Io ho paura.
Poi silenzio. L’Essere intona una marcia funebre e ci invita a seguirlo. E’ proprio una marcia funebre. Lo seguiamo. L’Essere attraversa la spiaggia con dietro cento persone che intonano una marcia funebre. Vista da fuori la cosa deve essere ancora più inquietante. Giunto in prossimità dell’acqua, l’Essere si lancia in mare vestito, sempre cantando là là là. Incita i suoi adepti a seguirlo. Qualcuno, stufo di vivere, decide di farsi venire una polmonite e si tuffa, cantando là là là. Bello.
Si muove. Mette un piede (una zampa?) su una spia posta sul tetto (L’Hana-bi è l’Hana-bi, si mettono le cose dove si può), impugna un microfono e comincia a cantare sulla nenia elettronica. Starà chiamando rinforzi? Il nostro pianeta è in pericolo? Pare di si: arrivano sul palco una serie di esseri nerd-indie-mutanti spaventosi: La corista con gli occhiali da vista più grandi della sua faccia, la corista con il vestitino bianco della prima comunione, il corista con la maglietta della salute rossa, il corista con la berretta in testa, la corista (ma quanti sono?) gnappetta col microfono che non funziona eccetera eccetera (non sono riuscito a contarli tutti, ero troppo impaurito).
Cominciano a cantare tutti ensemble, guidati da un panzone con i capelli alla Hitler che smanetta sul sintetizzatore. Provo a scappare, ma un’orda di fans saltellanti mi blocca. Allora ascolto. Non è male, probabilmente i quindici elettro-folk-happy-hippie si annullano a vicenda lasciando che il marasma provocato dai loro microfoni fischianti si risolva in una serie di canzoncine orecchiabili e ballabili. Sì, sì sì, bello, mi muovo anch’io.
Nel frattempo l’Essere è sceso dal tetto e si è andato ad unire agli altri, formando una massa di corpi sudanti che si agita e lascia intravedere un paio di chitarre e il basso. Ce n’è anche uno seduto per terra, sì, si vedono i capelli ma non si capisce che cacchio faccia la sotto. Occhio a non calpestarlo! Saltano tutti, tra un po’ salta anche il locale. Le dune crollano.
Un trombettista (e questo da dove scappa fuori?) scaraventa a terra il suo strumento, si rivolge al pubblico e gesticola. Un balletto probabilmente. Imita la costruzione di una casa. Tutto il pubblico imita la costruzione di una casa, ridendo e saltellando. Io ho paura.
Poi silenzio. L’Essere intona una marcia funebre e ci invita a seguirlo. E’ proprio una marcia funebre. Lo seguiamo. L’Essere attraversa la spiaggia con dietro cento persone che intonano una marcia funebre. Vista da fuori la cosa deve essere ancora più inquietante. Giunto in prossimità dell’acqua, l’Essere si lancia in mare vestito, sempre cantando là là là. Incita i suoi adepti a seguirlo. Qualcuno, stufo di vivere, decide di farsi venire una polmonite e si tuffa, cantando là là là. Bello.
bello! il concerto chiaramente, la recensione fa schifo come tutte le altre!!!
RispondiEliminachiaramente!
RispondiEliminaè che mi fai fretta...