Teatro Socjale (Piangipane, Ravenna), 16/01/2009
25 €
Il concetto di “falso amico” vale per la parola inglese factory come per le date del nuovo tour dei Marlene Kuntz. Anzi tutto perché quando uno va a vedere Cristiano Godano e soci si aspetta un concerto rock violento e urlato, e poi perché dal nome (Uno live in love) sembrerebbe il tour promozionale del loro ultimo album. Invece ci si ritrova in una cornice elegantissima come quella del Teatro Socjale di Piangipane, seduti in comode poltroncine bordeaux, coi musicisti armati di chitarre non elettriche ma acustiche intenti a riproporti le meno conosciute canzoni di 4, 5 anni fa.
I Marlene Kuntz sono una delle mie band preferite, ho sempre apprezzato e invidiato la loro incredibile capacità di riuscire a legare perfettamente testi e musica trasformando le emozioni in vibrazioni di corde e pelli. Venerdì sera ne ho avuto l’ennesima prova, anzi, direi che la mancanza di un contesto “casinaro” come quello dei tipici locali rock ne ha amplificato la portata emotiva (ecco che esce il sociologo che è in me). Lo ha riconosciuto lo stesso Godano, che ringraziando il pubblico (non molto numeroso, a dir il vero) per la sua compostezza, ha spiegato come quello fosse il contesto perfetto per proporre vecchie canzoni per loro sacre e per questo poco esposte. E, con mio sommo sbigottimento, ecco pezzi bellissimi e preziosissimi come “La mia promessa” e “Fingendo la poesia”. Io non potevo crederci, non ci avrei mai e poi mai sperato. Come non avrei mai sperato nella durata dell’amplesso: oltre due ore di poesie seguite da arpeggi alla chitarra effettata con delay e giocattoli vari (penso che i Marlene possiedano ogni pedale esistente in commercio), accompagnati da batteria, basso, piano e violino (senza dimenticare il timpano, una delle più utili invenzioni dell’uomo assieme al vinavil e al temperamatite).
E poi la particolare versione di “Sonica”, durata 20 minuti, con monologo di Godano annesso che ci ricorda come la vita sia terribilmente emozionante. Per finire, la storica e immancabile “Nuotando nell’aria”, ballata rock struggente eseguita perfettamente in ogni sfumatura. Forse loro (per quest’occasione in cinque) si saranno anche stancati di suonarla, dopo 15 anni, ma chi la conosce non può non aver versato una lacrimuccia…
La chicca: a mezzanotte, a metà concerto, la distribuzione di cappelletti da parte delle azdore del Socjale è stato un sollievo per gli stomaci degli ascoltatori, e una piacevole sorpresa per i Marlene Kuntz, usciti per un attimo dalla loro “aulicità” per augurare a tutti un buon appetito.
La pecca: quei tre o quattro stronzetti del loggione che pensando di essere al Rock Placet si sono presentati a teatro ubriachi, urlando stupidaggini verso il palco e rischiando di distruggere con i loro schiamazzi l’atmosfera creata con tanta fatica dalla voce bassa di Godano. Al Socjale nessuno avrebbe mai osato di cacciarli via a pedate, ma io personalmente una spinta giù dalla balaustra glie l’avrei data.
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